Puck — “Il fiume, no! Il fiume, basta! Bisogna dimenticarselo, il fiume… Ci dicono di salutarlo, ci ordinano di salutarlo!… Verranno qui con delle macchine, verranno qui con le loro draghe. Ci saranno degli uomini diversi e il rumore dei motori… Chi ci penserà a tirarli su perché non gelino, i pioppi? Non resterà più niente. Non ci sarà più l’estate, non ci sarà più l’inverno… Anche per te è finita. Fatti da parte! Tirati indietro! Affondala, quella tua barca! Eh sì, parlo anche per te! Non pescheremo più il luccio insieme. E neanche le carpe, pescheremo. E le anatre non passeranno, non ritorneranno più dentro il mirino del mio fucile. E basta, le folaghe… Basta, il volo delle oche selvatiche… Amici miei, vedete? Qui finisce la vita e comincia la sopravvivenza. Perciò addio, Stagno Lombardo, ciao. Ciao, fucile. Ciao, fiume. E ciao, Puck.”
“Chi non ha vissuto gli anni prima della rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere.”
Epigrafe del film, attribuita a Talleyrand
Fabrizio, ventenne marxista di agiata famiglia parmigiana, è deciso a rompere i rapporti con la propria classe, cui appartiene anche la sua fidanzata, Clelia. Il probabile suicidio dell’amico Agostino provoca in lui una crisi che intuisce e capisce soltanto Gina, la sua giovane zia milanese, venuta a riposarsi dalla sorella in seguito a una depressione. I due, sia pure profondamente diversi, si amano in segreto, finché la passionalità della loro relazione si spegne, in parte per l’incapacità di lui a gestire le nevrosi di lei.
Rimasto solo, Fabrizio tenta di risolvere i suoi conflitti interiori discutendo con Cesare, un insegnante che da anni gli fa da guida ideologica. I due girano insieme per il Parco ducale in occasione della Festa dell’Unità, quando il giovane sembra perdere le sue ultime illusioni davanti alla mediocrità del modello piccolo borghese ormai offerto dal partito: “Il popolo accetta ciecamente quello che gli si dà. Mi fa paura… Vedi, io volevo un uomo nuovo, un’umanità di figli che fossero padri per i loro padri”. Considerandosi sconfitto, a Fabrizio non resta che rinunciare a ogni velleità rivoluzionaria e tornare, rassegnato, al conforto delle sue radici borghesi, sposando la bionda e “buona” Clelia.