In occasione del compleanno di Bernardo Bertolucci e dei 35 anni del secondo capitolo della cosiddetta “trilogia orientale” — Il tè nel deserto (The Sheltering Sky) — la Fondazione Bernardo Bertolucci e il Comune di Parma ospiteranno Debra Winger, attrice protagonista del film, per una proiezione speciale presso il Teatro al Parco, il 15 marzo alle ore 21.00. La serata sarà presentata da Paola Piacenza, critica cinematografica del settimanale Io Donna del Corriere della Sera, che dialogherà con Debra Winger sul suo rapporto con il cinema, sulla sua esperienza sul set de ‘Il tè del deserto’ e sul suo legame artistico con Bertolucci.
Per l’occasione pubblichiamo alcuni pezzi significativi di un raro articolo di Brian Case, grazie alla preziosa collaborazione del British Film Institute, con relativa intervista, apparso per la prima volta sulla rivista inglese Time Out nel novembre 1990, in occasione dell’uscita de ‘Il tè nel deserto’.
Ph. Angelo Novi
La schiettezza di Debra Winger e il suo non voler scendere a compromessi le hanno fatto guadagnare un grande senso di rispetto a discapito della popolarità sul set. Il suo ultimo film, Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, l’ha condotta verso un viaggio esistenziale attraverso il Sahara che le ha fatto cambiare radicalmente priorità.
Tutto quel che ho visto di Debra Winger in Marocco, la location de Il tè nel deserto, è stato il suo nome sullo schienale di una sedia pieghevole, e una figura sfocata in occhiali da sole dietro i vetri di una Land Rover. La star si è rivelata decisamente off-limits.
“Ho iniziato a seguire la scuola delle interviste di De Niro.”
La compianta Bette Davis la designò come l’unica attrice con abbastanza temperamento da poter raccoglierne il testimone, una dichiarazione che potrebbe causare una certa ansia tra i registi che lavorano con lei: “Allacciate le cinture, sarà un viaggio decisamente turbolento.”
Al Groucho Club di Soho, tuttavia, Debra Winger si rivela molto comunicativa e diretta. Coperti da un cappello di paglia, i suoi bellissimi occhi catalizzano tutta l’attenzione.
“L’esperienza de ‘Il tè nel deserto’ mi ha cambiata. Quando la compagnia ha levato le tende, ho deciso di restare nel Sahara e ho seguito i Tuareg in carovana. Mi sono seduta a guardare la luna, nel deserto, e mi ha lasciato a bocca aperta. Un silenzio urlante. Riesci ad ascoltare la tua vera voce per la prima volta. Quando i Tuareg ti guardano, sembra che sia la prima volta nella vita che qualcuno ti guardi. Mi sono detta: ‘la mia vita sta per cambiare’.”
Il suo registro di voce in contralto è un viaggio a sé.
“Ho deciso di partire per un po’. Io e mio figlio abbiamo gli zaini pronti, viaggeremo leggeri e viaggeremo per davvero. Ho realizzato che stavo vivendo una bugia. Quindi ho deciso di andare via.”
La fine del suo rapporto con Hollywood? La sua vita ha preso alcune deviazioni improvvise dal momento in cui ha deciso di servire l’esercito israeliano nel 1972. Ha persino chiuso con la (potentissima) Creative Artists Agency di Mike Ovitz dopo Pericolosamente insieme (Ivan Reitman, 1986). È stata la prima star in assoluto a lasciare l’agenzia, quando i produttori esecutivi le hanno ricordato che “possedere un’anima non è un prerequisito per il lavoro di attrice.” Ha rifiutato ruoli per i film Dentro la notizia — Broadcast News di James L. Brooks, Pazza di Marti Ritt, Peggy Sue si è sposata di Francis Ford Coppola, Bull Durham — Un gioco a tre mani di Ron Shelton, Brivido caldo di Lawrence Kasdan e I predatori dell’arca perduta, nonostante abbia prestato la sua voce a Spielberg per E.T. l’extra-terrestre.
“Sarei folle se dicessi che mi sto ribellando. Non voglio mordere la mano che mi nutre, come si suol dire. I sistemi e le istituzioni in generale mi suscitano spesso reazioni negative, ma devo ammettere che mi sono sempre trovata bene col sistema produttivo, anche se devi stare attenta e a volte sei costretta a comportarti in modo sgradevole. Dico solo che voglio integrare anche altri modi di farne parte.”
Ph. Angelo Novi
[…] Sul set, Bertolucci ha ricordato che la Winger si è identificata completamente con Jane Bowles, la brillante, ossessiva scrittrice, moglie del romanziere, sulla quale è basato il personaggio di Kit.
“Lei è così brillante e vivace: una ragazza ebrea con repentini cambi di umore che sono così difficili da seguire ma molto, molto eccitanti. Ha una ferita dentro di sé, come una bocca aperta.”
Che sia la descrizione del personaggio, della moglie dello scrittore o della stessa attrice, non è chiaro.
“Non è chiaro, vero?”
Ride di gusto.
“Penso sia perfetto. È proprio questo il punto. Quando lavoro è tutto mescolato. Non è chiaro neanche a me. Ho usato Jane come un trampolino per Kit Moresby e credo che Paul Bowles abbia fatto lo stesso, ma è molto ambiguo al riguardo.”
Ha letto ‘Il tè nel deserto’ negli anni ‘70 e lo ha trovato alquanto freddo.
“Non mi ha scosso a livello emozionale, ma è esploso in un senso filosofico. Quando le persone chiedono a Paul perché non ha scritto un altro romanzo dalla morte della moglie, dice: ‘Beh, dal momento che Jane è morta non è rimasto nessun altro a leggermi.’ È una cosa incredibilmente romantica, se si pensa che arriva dalla stessa persona che ha scritto questo freddo romanzo esistenziale.” […]
Ph. Angelo Novi
Kit è stata una vera e propria sfida per Debra Winger.
[…] “Sì, lei è spaventata dalla vita. È nevrotica. Resta nella sua camera d’hotel. È stato davvero difficile vivere nella sua testa per tutto quel tempo. Per i primi due terzi del film ho soppresso la maggior parte dei miei istinti. Non so che fine avrei fatto se il film fosse finito senza che lei si lasciasse andare.”
[…] Quello che Debra Winger rifiuta strenuamente di credere è che Kit, come Jane, finisca per degenerare nella follia. ‘NON POSSO TORNARE INDIETRO’, scrive Kit, freneticamente, su un telegramma diretto da nessuna parte. Alla fine, ormai insensibile, proprio alla stregua di un pacco, viene rispedita indietro e raccolta dal consolato americano.
“Diventa pazza — lo dice anche Paul — ma non è vero! È un finale ambiguo, se mi si concede l’ossimoro. Le persone mi dicono: ‘Hai lasciato tuo marito morte e ti sei messa a vagare nel deserto.’ Sì, questo è un dato di fatto. Ma anche io ho fatto cose del genere. In vita mia, quando mi sento davvero viva, i giudizi su cosa faccio crollano, molto semplicemente. Alla fine ti chiedi… perché no? È decisamente ciò che è accaduto a Kit.”
Si dirige verso la finestra per guardare in giù, verso Dean Street.
“Se provi a seguire una persona a caso, laggiù, per tutto il giorno, troverai espressioni di follia. Non è la loro vita a essere folle, è quel che fanno a esserlo.”
Si accende un’altra sigaretta.
“Dal primo istante in cui ci siamo incontrati, io e Paul Bowles abbiamo avuto un’intesa autentica. Qualcosa è successo! Il mio rapporto con Paul ha influenzato il mio sentirmi libera e il mio lavoro con Bernardo. Non puoi mettere lo scrittore in una posizione intoccabile. Sento di aver onorato il suo lavoro. C’erano momenti in cui mi sono sentita piuttosto spaventata quando cambiavamo certe cose del romanzo, ma sapevo che stavo vivendo, che stavo portando Kit in vita, e che dovevo credere in me stessa.”
Ph. Angelo Novi
Malkovich è stato molto esplicito sui limiti della recitazione cinematografica.
“Prendo queste affermazioni con le pinze. Lui lavora in modo totalmente differente dal mio. So che non era molto in sintonia con Paul Bowles e che non trascorreva molto tempo con lui. È arrivato e ha interpretato Port, ma ho anche visto cose che lo hanno colpito profondamente.”
[…] La diffidenza di Malkovich non si è estesa nei confronti di Bertolucci, anche se lo riteneva un po’ “subdolo”.
“Bernardo gioca così tanto da risultare irresistibile”, sogghigna. “Possiede proprio quel tipo di malizia. Di solito ragiono in termini matematici e in matematica esiste un termine: la funzione, giusto? La funzione può essere moltiplicazione o divisione, e qualsiasi numero che passa per una funzione viene coinvolto nell’operazione. Ho definito Bernardo la Funzione dell’Amore sul set. Passa tutto dall’amore. Qualsiasi giochetto faccia, qualsiasi manipolazione, è compiuta in nome dell’amore per il progetto e per il ruolo che ognuno ha nel progetto. È come fare un bagno — ti immergi e dici ‘prendimi!’. Io ci sto, sto al gioco.”
Ph. Angelo Novi
Non si lamenta del fatto che Bertolucci l’abbia spronata a scavare a fondo nella sua stessa psicologia.
“Tutto quello di cui avevo bisogno era una piuma e…” soffia gentilmente sul palmo.
“Sono completamente colpevole di tormentarmi. Le persone mi accusano di essere intensa, ma cosa vuol dire? […] Se lavori con Bernardo e all’improvviso ti tiri indietro, chi stai tradendo davvero? Con lui, a volte è come ricevere un calcio, a volte è come ricevere un abbraccio, ma non c’è altro modo. Se vuoi solo essere preso a calci o se vuoi solo essere abbracciato, hai scelto il mestiere sbagliato.”