Tracce di Attilio si riscontrano in Récit, per la prima volta pubblicato in Botteghe oscure (1956) e poi ne Le ceneri di Gramsci (1957).
Mi aspettava nel sole della vuota piazzetta
l’amico, come incerto… Ah che cieca fretta
nei miei passi, che cieca la mia corsa leggera.
Il lume del mattino fu lume della sera:
subito me ne avvidi. Era troppo vivo
il marron dei suoi occhi, falsamente giulivo…
Mi disse ansioso e mite la notizia.
Ma fu più umana, Attilio, l’umana ingiustizia
se prima di ferirmi è passata per te,
e il primo moto di dolore che
fece sera del giorno, fu pel tuo dolore.
Attilio Bertolucci, che al tempo lavorava per Garzanti, incontra Pasolini per riferirgli del procedimento giudiziario a suo carico per le “oscenità” contenute in Ragazzi di vita. Fu proprio Attilio a presentare Pasolini a Livio Garzanti, così come lo aveva già incoraggiato a pubblicare per Guanda. Il processo contro il romanzo si concluderà con un’assoluzione per formula piena, grazie anche al supporto di Pietro Bianchi, Carlo Bo e Giuseppe Ungaretti.
Il rapporto tra Bertolucci e Pasolini si fa negli anni sempre più intenso, coinvolgendo anche il figlio Bernardo, a cui Pasolini dedicherà A un ragazzo (1958) e che debuttò nel mondo del cinema come suo aiuto regista in Accattone.
Nel 1959, Attilio Bertolucci dedica a Pier Paolo Pasolini Piccola ode a Roma.
a P.P. Pasolini
Ti ho veduta una mattina di novembre, città,
svegliarti, apprestarti un altro giorno a vivere,
alacri fumi luccicando ai pigri margini orientali
percossi dalla luce tenera come un fiore,
argenti di nuvole più sopra infitti nell’azzurro
offuscandosi per brevissimi istanti, suscitatori di tremiti,
e risfolgorando a lungo, poi che il bel tempo è tornato
e durerà, se è neve quel viola lontano
oltre i colli che ridono di borghi noncuranti
le mortificazioni dell’ombra, poi che il sole ha vinto, o vincerà.
Tu eri viva alle nove della mattina,
come un uomo o una donna o un ragazzo che lavorano
e non dormono tardi, hanno gli occhi
freschi attenti all’opera assegnata,
nell’odore di legno bagnato e di foglie bruciate
o in quello amarognolo degli alberi sempre verdi
che crescono sui tuoi fianchi e si vedono dall’altura
per cui io scendo inebriato ai ponti
fitti di gente in transito, da qui silenziosi e bianchi
come ali d’uccello a pelo dell’acqua giallina.
Io penso a coloro che vissero in questa plaga meridionale
scaldando ai tuoi inverni le ossa legate da geli
senza fine in infanzie intirizzite e vivaci,
a Virgilio, a Catullo che allevò un clima già mite
ma educò una razza meno arrendevole della tua
e perciò soffrì, soffrì, la vita passò presto per lui,
passa presto per me ormai e non mi duole come quando
le gaggìe morivano a poco a poco per rifiorire
il nuovo anno, perché qui un anno è come un altro,
una stagione uguale all’altra, una persona all’altra uguale,
l’amore una ricchezza che offende, un privilegio indifendibile.
Pasolini risponderà con l’epigramma A Attilio Bertolucci (da La religione del mio tempo, 1961):
Sopravvivenza: anch’essa. Essa, la vecchia campagna,
ritrovata, quassù, dove, per noi, è più eterna.
Sono gli ultimi giorni, o, è uguale, gli ultimi anni,
dei campi arati con le file dei tronchi sui fossi,
del fango bianco intorno ai gelsi appena potati,
degli argini ancora verdi sulle rogge asciutte.
Anche qui: dove il pagano fu cristiano, e con lui
la sua terra, il suo campo coltivato.
Un nuovo tempo ridurrà a non essere tutto questo:
e perciò possiamo piangerlo: con i suoi bui
anni barbarici, i suoi romanici aprili.
Chi non la conoscerà, questa superstite terra,
come ci potrà capire? Dire chi siamo stati?
Ma siamo noi che dobbiamo capire lui,
perché lui nasca, sia pure perso a questi chiari giorni,
a queste stupende stasi dell’inverno,
nel Sud dolce e tempestoso, nel Nord coperto d’ombra…
Nel 1963 Pasolini lascia Monteverde Vecchio per trasferirsi all’EUR, ma il rapporto con i Bertolucci rimane indissolubile, come testimoniano le lettere. Il suo sguardo è quasi totalmente rapito dal cinema e dal giornalismo, e spetterà ad Attilio, alla morte dell’amico, proseguire un dialogo brutalmente interrotto con Due frammenti della vita di Pier Paolo Pasolini e Ancora a Pier Paolo Pasolini.
Nel 1998, il regista Francesco Giuncolucci realizza un documentario su Pasolini intitolato Un viaggio in Italia. A cinquant’anni dalla morte, quel film rivive in modo completamente inedito: Gli amici di Pier Paolo — presentato per la prima volta in occasione della trentanovesima edizione del Cinema Ritrovato, nell’ambito della sezione Documenti & Documentari, il 27 giugno presso il DAMS Lab alle ore 18:15 — è un fondo di testimonianze orali, senza quasi montaggio e senza immagini d’archivio. Al centro restano tutte le parole venute fuori dalle interviste dei suoi veri amici, tra cui il poeta Attilio Bertolucci — nella sua ultima intervista — e il regista Bernardo. Maggiori informazioni sul sito ufficiale de Il Cinema Ritrovato (Bologna, 21-29 giugno, 2025).