Athos senior — Sentite. Per Tara, per tutta la regione, il mio nome ha un suono di ribellione, di coraggio. Se vengono a sapere del mio tradimento, tutto il nostro lavoro diventa inutile. Capito?

Non mi ucciderete voi! Un traditore è dannoso anche morto. È molto più utile… un eroe. Un eroe che la gente possa amare. Io sarò assassinato da un fascista, vigliaccamente. Offriremo uno spettacolo drammatico, che si scolpisca nell’immaginazione popolare, perché si continui a odiare, odiare, odiare sempre di più il fascismo. Sarà la morte leggendaria di un eroe: un grande spettacolo teatrale.

Proveremo. Proveremo come si prova a teatro. Centinaia di attori, tutto il popolo di Tara vi parteciperà, senza sapere. Tutta Tara diventerà un grande teatro.

Athos Magnani arriva col treno e, da solo, scende a Tara, dove è stato chiamato da Draifa, antica amante del padre, per cercare la verità sull’assassinio di quest’ultimo, nel lontano 1936. Benché Athos non abbia mai conosciuto il genitore — morto prima della sua nascita —, essi sono perfetti omonimi e si assomigliano in modo impressionante. Donde la confusione di tutti gli abitanti del posto, che continuano a celebrare in ogni occasione la memoria dell’eroe locale dell’antifascismo.

Mentre prosegue l’indagine di Athos, attraverso le testimonianze a volte contraddittorie dei compagni e dei nemici del defunto, si fa sempre più ovvio che la versione ufficiale nasconde qualcosa… Finché gli viene confessato che non fu “il piombo fascista” a colpire suo padre, bensì i suoi stessi sostenitori, da lui convinti a mascherare la propria esecuzione — per un presunto tradimento — come un attentato fascista, destinato ad ancorare l’odio verso il regime nel cuore dell’intera popolazione…

Invece di rendere pubblica questa nuova “verità”, Athos decide di avallare la leggenda prima di tornarsene a casa. Salvo che rimarrà prigioniero a sua volta dalla ragnatela paterna, realizzando sul binario che nessun treno passa più a Tara da chissà quanto tempo.

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