Strategia del ragno segue la logica del sogno di Partner, ma è un sogno che affascina invece di spaventare, con la seduzione di Borges al posto della violenza di Artaud.

Ma è anche un esempio di cinema-verità. Le comparse sono tutti personaggi che avevo conosciuto e mitizzato quando ero bambino. Il film è stato girato in uno stato di trance simile al sogno, è il sogno di un film, il cinema-verità della memoria. Avevo come assistente mio fratello Giuseppe; come direttore della fotografia Vittorio Storaro, per la prima volta, e la troupe era ridotta al minimo. C’erano 38 gradi all’ombra e il film è pieno del ronzio delle grasse zanzare del Po.

 

Ma Strategia del ragno non sembra nemmeno italiano, anche se parla del fascismo ed è addirittura dedicato alla regione Emilia Romagna.

Per me il Po è, contemporaneamente, il Nilo e il Mississippi. Strategia del ragno è il primo film “in minore”, in senso musicale, che io abbia fatto. Si esaurisce nella ricerca dell’ombra, del fogliame. Il verde della campagna che si vede nel film durante il mese in agosto non esiste in nessuna altra parte del mondo.

 

La luce esalta i colori ma li mangia lentamente con le ombre.

Almeno la metà del film è blu come certi quadri di Magritte, perché ho girato molto nel breve intervallo della luce tra il giorno e la sera. È il colore che si può ottenere soltanto nei pochi minuti appena il sole è tramontato d’estate, se si filma senza mettere dei filtri. È un blu molto speciale, inequivocabile, che tutti gli operatori temevano, allora. Noi cominciavamo a girare proprio quando un operatore tradizionale avrebbe detto basta.

 

Sono i colori di una favola, anche se la storia è molto politica.

In Strategia del ragno il rapporto tra Athos figlio e Athos padre è simile a quello che immaginavo tra Berlinguer e Togliatti: il figlio che scopre il tradimento del padre eroico è Berlinguer che scopre lo stalinismo di Togliatti. Ma entrambi, il tradimento e lo stalinismo, erano necessari storicamente (ma è poi vero?).

Sempre storicamente, ma da un punto di vista produttivo, Strategia del ragno inaugura il capitolo: “la Rai presenta un film di…”.

Strategia del ragno è uno dei primi film-film prodotti dalla Rai, una specie di modello produttivo per quelli successivi, come La città del sole di Gianni Amelio, Padre padrone dei Taviani o Un certo giorno di Olmi. Quando mi è stato proposto ero uscito dal grande fiasco di pubblico e critica per Partner. Così mi dicevo, e dicevo agli altri, che volevo dimenticare la natura del committente, che non intendevo pensare alla televisione, e che avrei fatto il film come se fosse stato un film per il cinema. Volevo strumentalizzare il mezzo televisivo per poter fare un film che nessun produttore di cinema mi permetteva in quel momento di fare. Questo atteggiamento mi sembra lo stesso che hanno avuto altri registi quando si sono trovati nella mia stessa situazione negli anni successivi.

 

Infatti Strategia del ragno guadagna sullo schermo quanto perde in un televisore.

Ricordo che mentre lo giravo non intendevo concedere niente al formato televisivo e addirittura, quasi per vendetta, filmavo contro la televisione. Si sa che il piccolo schermo rigetta i totali e i campi lunghi mentre richiede e esalta i dettagli e i primi piani. Strategia del ragno è un film tutto di totali e campi lunghi. Per questo al cinema funziona mentre in televisione perde di intensità. Oggi, se dovessi fare di nuovo qualcosa per la televisione, mi metterei di nuovo in una posizione completamente diversa. Comincerei cercando una risposta ad alcune domande. Che cos’è la televisione? Qual è il rapporto tra il cinema e la televisione? Oggi mi lascerei andare al totale coinvolgimento con il mezzo televisivo.

 

[da Scene madri di Bernardo Bertolucci, a cura di Enzo Ungari, Ubulibri, Milano 1982]