Bernardo Bertolucci nasce a Parma il 16 marzo 1941. A distanza di ottantatré anni, lo ricordiamo celebrando ancora una volta uno dei suoi film più amati.

The Dreamers, che ha recentemente festeggiato i vent’anni dall’uscita, è tornato in sala nella sua versione restaurata grazie al lavoro congiunto di Cineteca di Bologna, Recorded Picture Company e Fondazione Bernardo Bertolucci. Louis Garrel, che proprio con il film di Bertolucci ha cominciato a ottenere un vero e proprio riconoscimento internazionale, ha presentato il film al Modernissimo di Bologna lo scorso gennaio, lasciandosi andare a ricordi e aneddoti riguardo alla figura del regista e all’esperienza legata alle riprese.
“Avevo diciotto anni e frequentavo la scuola di teatro, il Conservatoire national. Non ero uno di quei figli che desiderava “distruggere” il proprio padre — la mia generazione nutriva ammirazione per il padre — quindi provavo questa forte fascinazione per il maggio ‘68, che sembrava l’âge d’or della Francia e della libertà. Al conservatorio avevo sentito parlare di questo casting di Bertolucci, che cercava attori. Non conoscevo bene Bertolucci, in verità. Avevo visto Ultimo tango a Parigi — e non per motivi cinefili, perché mi era capitato di vederlo a quattordici anni — ma avevo sentito parlare di lui. Avevo già un’agente e le ho detto: ‘Voglio partecipare al casting. Uno studente francese del maggio ‘68 lo voglio almeno provare!’ Ho fatto dei provini senza Bernardo e con la direttrice del casting, Juliette Ménager. Un giorno c’era anche Eva Green. Abbiamo fatto questi provini terribili e ci hanno chiamato subito dopo: ‘Bernardo vuole incontrare Eva e Louis, insieme.’”

“Avevo cominciato a guardare un po’ dei suoi film e avevo sentito parlare della leggenda un po’ ‘nera’ di Bernardo. A quel tempo avevo molta paura di diventare matto a causa delle mie crisi di panico e qualcuno mi aveva detto: ‘Attenzione a Bertolucci, con lui gli attori diventano matti!’. Mi sono ritrovato di fronte a Bernardo in una piccola stanza, nell’appartamento della direttrice del casting, e sono riuscito a chiedergli solo: ‘Com’è stato lavorare con Marlon Brando?’. Lui mi ha risposto così: ‘Marlon era molto arrabbiato con me, dopo il film, perché ho preso la sua maschera di Stanislavskij e gliel’ho buttata via durante le riprese’. Mi è venuta una crisi di panico… mi sentivo attratto e in pericolo. Alla fine Bernardo ha scelto me ed Eva, ma sono arrivato sul set impaurito. Avevo paura di Bernardo, all’inizio.”

“Le riprese sono trascorse come un sogno. Ero molto angosciato all’inizio, ma poi c’è stata un’immersione totale tra l’Italia, la Francia, il maggio ‘68… una libertà geniale, la sensualità di Bernardo, la sua cattiveria sensuale! Alla fine delle riprese ha detto: ‘The dream is over’. Non riuscivo a smettere di piangere, mi sono detto: ‘Ah, merde, è un film!’. Pensavo che il film non sarebbe mai finito, ed ero contento. Adesso, quando faccio un film, sono contentissimo di finirlo, perché un film deve finire: sembra un’associazione di matti! Ma l’unico film per cui ho pianto, alla fine, è stato il film di Bernardo.”

“Un giorno Bertolucci è venuto a trovarmi al trucco. Avevo dei brufoli. Thi Loan Nguyen, che è una grande truccatrice, ha cominciato a nasconderli. Bertolucci le ha detto: ‘Ma che fai? No, no, voglio vederli! È la sua giovinezza, voglio vederla!’. E pensavo: ‘Ma perché?’. Ma con questo piccolo aneddoto ho capito che lui voleva vedere i difetti, non cercava la perfezione, ma una forma di verità cruda. Il talento di un regista è quello di far passare tutto in maniera naturale. Jean Renoir era così. Sentivo parlare Claude Rich di Jean Renoir, e lui diceva che dava l’impressione che fossero gli attori a creare la mise-en-scène. Un regista quando sa lavorare con gli attori non dice nient’altro che una o due parole. Quando uno comincia a parlare troppo, vuol dire che manca qualcosa.”

“La prima volta che ho visto The Dreamers non ho avuto giudizi sul film, perché ero innamorato di Bernardo, di Eva, di Michael, del produttore. Era una parte di me. Non si sa mai perché un film attraversa le generazioni. Incontro sempre persone di vent’anni che amano molto il film. Non avevo capito che il film avesse questa potenza. Soprattutto in Iran! Ho molti amici iraniani a Parigi che mi hanno detto che questo film in Iran si guarda di nascosto, che tutte le generazioni lo guardano. È un grande film sulla libertà. Il film ha avuto un grande successo in Italia, in America, ma in Francia no. Secondo me è stato a causa dell’orgoglio dei francesi: non hanno sopportato che il primo film sul maggio ‘68 fosse realizzato da un italiano.”

“Quando avevo quattordici anni fumavo le canne. Poi ho smesso perché mi veniva l’ansia: se sentivo l’odore di una canna fuggivo! C’è una scena nel bagno dove fumo una canna con Michael ed Eva. Durante le prove facevo finta di fumare. Al ciak, mi rendo conto che Bernardo ha messo del vero hashish nella canna. Faccio una boccata profonda di hashish — la peggiore, quella che ti fa girare la testa subito! Ho fatto tutta la scena così…” (Louis Garrel, 19 gennaio 2024)

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La Fondazione Bernardo Bertolucci, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Parma-Ufficio Cinema, rende omaggio a Bernardo sabato 16 marzo, nel giorno del suo compleanno, con una proiezione speciale di The Dreamers al cinema Astra d’essai alle ore 18. A presentare il film sarà l’attrice Valeria Golino, legata a Bernardo Bertolucci da un profondo legame di amicizia, che introdurrà il film in dialogo con il critico cinematografico Filiberto Molossi.