Cinque anni senza Bernardo: il ricordo degli "amici di cinema"
Cinque anni fa, all’età di 77 anni, se ne andava Bernardo Bertolucci. Nel giro di pochi giorni e in maniera quasi spontanea, decine di amiche e amici – registe e registi, musicisti, intellettuali, attrici e attori – si strinsero attorno a sua moglie Clare Peploe per rendergli omaggio al Teatro Argentina, era il 6 dicembre 2018.
Riproponiamo per l’occasione alcuni stralci di quel ricordo e una conversazione tra lo storico Bernard Eisenschitz e Bertolucci nel 2016 a Bologna durante il festival Il Cinema Ritrovato.
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“Quest’estate sono andato a trovare Bernardo a Todi. Faceva caldo e abbiamo fatto il bagno in piscina. Bernardo sembrava più distante del solito, per gli affari suoi. A tavola eravamo un po’ di persone, non ricordo di preciso di che parlavamo – mi pare di social, dell’abuso dei selfie, le solite cose. Le voci si accavallavano mentre le vespe banchettavano sull’uva. Bernardo ci osservava con il suo leggero sorriso sulle labbra, ma i suoi pensieri erano lontani. A un certo punto gli ho chiesto che avesse. Lui ha incassato la testa tra le spalle, a bassa voce, gli occhi gentili, sussurrato con un filo di voce, quasi scusandosi: “Io sono un uomo del Novecento.” Ora che Bernardo non c’è più ripenso a questa frase. Bernardo se n’è andato portandosi con sé il Novecento. Si è portato via il secolo della complessità e delle ideologie, gli anni delle lotte e dei sogni. Si è portato via il coraggio di scelte trasgressive necessarie, i tabù, il pudore della sofferenza e l’eleganza della riservatezza, la capacità di ascoltare gli altri prima di sé stesso, la distanza tra artista, opera, pubblico. Si è portato via la sicurezza di chi non ha bisogno di urlare per imporre una visione. Si è portato via le buone maniere, la gentilezza, l’attenzione per gli amici. Si è portato via la genialità temperata e la bellezza esplosiva. Bernardo, ti sei portato via un pezzo del mio cuore”.
Niccolò Ammaniti
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“Era un amico sul quale potevo contare, e in effetti mi fece un grande regalo, che solo un amico può fare. Avevo un problema, per me importantissimo: dovevo fare il montaggio de Il portiere di notte, ma mi accorsi subito che stavo lavorando con un montatore bravo ma che non andava bene per me. Aveva fatto troppo film differenti. Ero molto avvilita. Ne parlai con Bernardo e lui fece un gesto generosissimo da vero amico, che solo un cineasta può capire. Mi propose il suo montatore, il suo amato Kim Arcalli che, per fortuna, era libero in quel momento. Eppure Bernardo era gelosissimo di quel suo collaboratore — e non è mai facile fare entrare qualcuno nel sancta sanctorum dei tuoi stretti collaboratori. Kim era prezioso davvero, perché condivideva la nostra visione del montaggio di un film, che non era soltanto mettere in fila le sequenze secondo il copione. Per noi il montaggio era ripensare tutto il film e, se necessario, anche capovolgere l’iter, l’itinerario del racconto, pur di trovare il giusto ritmo narrativo. Per Bernardo e per me il montaggio è sempre stato importantissimo: era come trovare lo spartito musicale della ritmica giusta per il film che avevamo in testa. E, del resto, ogni film ha la sua partitura di montaggio. Non c’è più Kim, non c’è più Bernardo. Il nostro Paese è perduto e anche il suo regista più internazionale, cioè lui, quello che con pochi altri credeva al cinema-cinema, quello fatto bene. […] Sarebbe bello se nel nome di una vita d’autore internazionale così precisa e potente come quella di Bernardo Bertolucci i Paesi europei riuscissero a connettersi per far nascere finalmente una cinematografia europea. […] Ecco, ricordare Bernardo ci fa sognare di essere un Paese che ha una bella e importante cinematografia internazionale e che non siamo la terra di nessuno, almeno quello. Ma Bernardo, se lo conosco, ci sveglierebbe. Ci direbbe “Ragazzi, svegliamoci.”
Liliana Cavani
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“Faccio fatica a descrivere l’esperienza che ho vissuto vedendo per la prima volta Prima della rivoluzione. Sono rimasto sopraffatto dallo stupore, frastornato dalla meraviglia, travolto da pura emozione e non riesco nemmeno a spiegare esattamente perché. […] In Prima della rivoluzione [Bertolucci] prende tutte le sue idee, i suoi conflitti, ed esprima la fibra, la materia di cui è fatta la sua vita attraverso le immagini, attraverso il cinema. Potrei dire che parla il linguaggio del cinema, ma la metafora è sbagliata perché di fatto respira il cinema. Vedo l’aria del suo respiro arrivare direttamente allo spettatore, a me personalmente. […]
Era il 1996 al Walter Kerr Theatre, io presentavo questa retrospettiva dei suoi film, poco prima di accoglierlo sul palco. Raccontai la storia sulla mia prima visione di Prima della rivoluzione al New York Film Festival e su quello che avevo provato. Non mi interessava risultare brillante o affascinante: ho parlato col cuore dei suoi film e di quanto mi hanno dato. Ci siamo salutati e il giorno dopo trovai un messaggio sulla segreteria dell’ufficio: ‘Ieri sera sono stato pugnalato alla schiena dall’amore.’ Bernardo era rimasto sorpreso dal fatto che avessi espresso il mio amore per lui e per i suoi film, che in realtà era lo stesso tipo di amore, e io ero sorpreso che lui fosse sorpreso… perché avevo dato per scontato che sapesse quanto lo amavo”.
Martin Scorsese
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“Avevo 17 anni quando ti ho incontrato a New York per il casting di Io ballo da sola. Ero così emozionata quando ho avuto la parte. Il giorno dopo mi sono diplomata al liceo e ho preso un aereo per Roma per lavorare con te. La maggior parte dei ragazzi sarebbe andata all’università, io partivo per passare la più bella estate della mia vita con te. La tua regia, il modo in cui vedevi il mondo, tutti i tuoi particolari erano nient’altro che geniali. Mi hai davvero viziata, portandomi a pensare che tutti i registi sarebbero stati così e non potevo sbagliarmi di più: eri unico. Sono così felice di aver vissuto quell’esperienza: vedere attraverso i tuoi occhi, il tuo cuore e imparare da te sono cose che porterò con me per tutta la vita. Mi manchi tantissimo e ti mando tutto il mio amore. Ciao Bernardo”.
Liv Tyler
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“C’è un biglietto che Bernardo mi scrisse dopo aver visto Il sogno della farfalla. Il biglietto in realtà è una cartolina con una statua di Buddha in un giardino. Scrive Bernardo: Mentre guardavo il film ti vedevo davanti a uno script più accettato che metabolizzato e mi sembrava che avessi trovato la chiave della vera ispirazione, altrove dallo script, nella bellezza, e ne fossi divenuto l’amante, ricambiato. Grazie per la sorprendente… — non capisco la parola — e buone feste. Bernardo Bertolucci, 10 dicembre 1995. In quegli anni di grande isolamento dalla società cinematografica, che mi considerava un povero pazzo, l’affettuoso apprezzamento di Bernardo, anche se mi separava dall’autore dello script, che era forse l’animatore di quella ritrovata bellezza, mi incoraggiò e mi confermò nelle mie scelte. Ancor più perché quell’affetto e quell’apprezzamento venivano da un amico che sulla psicanalisi aveva idee opposte alle mie. Perciò, oggi, rivolgendomi ai vivi, così lo ricordo e lo ringrazio”.
Marco Bellocchio
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“Mio figlio ha diciotto anni e L’ultimo imperatore uscì quando era piccolo, quando era un neonato. Da bambino stava con me tutto il tempo. Guardai questo film migliaia di volte, poi ebbi un ictus e mi ammalai. Mentre mi riprendevo avevo sempre il mio bambino con me. Guardai il film un altro migliaio di volte. Poi divorziai in stile americano e mio marito si prese il bambino. Non potevo vedere molto mio figlio, che tornò a vivere con me all’età di sedici anni. Ci eravamo persi tanto tempo insieme… così un giorno suggerii di guardare un film e lui mi disse ‘Certo, ma scelgo io. Voglio guardare L’ultimo imperatore. È il mio film preferito.’ Mise il film e io mi resi conto che quando si vivono insieme la bellezza, le lezioni di vita e la saggezza, queste entrano nell’anima come una luce che non si spegnerà mai. Quella luce ha legato me e mio figlio per tutto il tempo in cui non siamo stati insieme. E io so, Clare, che quella luce continua. Ed è per questo che so che quell’amore continua, a prescindere da tutto. Bernardo, ti ringraziamo. Arrivederci”.
Sharon Stone
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“Ci fu un momento, durante le riprese dello Squalo nel 1974 in cui tutto stava andando storto. Eravamo nel bel mezzo dell’oceano con uno spaventoso squalo meccanico, l’intero equipaggio aveva il mal di mare, gli attori avrebbero voluto tornarsene a casa, e anch’io. Me ne stavo lì seduto ad ascoltare musica con queste due cuffie vecchio stile con due antenne che sbucavano fuori, sintonizzato con un canale FM locale di Boston (eravamo al largo di Martha’s Vineyard). Osservavo tutti i disastri che stavano accadendo intorno a me e mi dissi: “Beh, adesso non avrò più l’occasione di diventare Bertolucci.” In ogni caso, non sono mai diventato Bertolucci perché c’è spazio per uno solo. Ma a me, a così tanti colleghi e a così tanta gente in tutto il mondo, hai regalato la speranza divina che dietro ogni grande film ci sia del coraggio e che dietro ogni grande rischio che corriamo ci sia l’audacia, perché tutto ciò che facciamo comporta sempre un rischio. E tu l’hai fatto con ogni singolo film che hai meravigliosamente immaginato e diretto. Per questo… grazie”.
Steven Spielberg
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“Prima di tutto il suo nome, che nome fantastico: Bernardo Bertolucci.
Bernardo Bertolucci è come Marilyn Monroe. Bernardo Bertolucci è un nome perfetto. […] Parlavo con un amico in comune, Nick Vreeland, che è l’abate del monastero Rato in India: il suo nome adesso è Khen Rinpoche. È stato uno studente di Khyongla Rato Rinpoche, uno dei personaggi principali di Piccolo Buddha: ‘Non hai idea di quanta gente si sia convertita al buddhismo dopo aver visto quel film” – mi disse una volta. Ed è stata la prima volta in cui veniva rappresentato in maniera autentica ed essenziale. […] A pensarci bene i film sono totalmente vuoti, sono fatti di nulla: è luce che rimbalza sullo schermo. Non c’è niente, ma al tempo stesso c’è tutto. Sono sogni messi insieme e quando sono ben fatti sono i nostri sogni. I film di Bernardo non erano solo suoi. E penso che ciò che c’era di così straordinario in lui fosse la capacità di entrare in alcuni dei nostri sogni più profondi e interessanti'”.
Richard Gere