A vent’anni dalla scomparsa di Attilio Bertolucci, è in libreria un magnifico volume di poesie e lettere che racconta la lunga storia d’amore con la moglie Ninetta Giovanardi. Curata da Gabriella Palli Baroni, la raccolta si chiama Il nostro desiderio di diventare rondini. Lettere 1930-1966 ed è pubblicata da Garzanti insieme alle nuove edizioni tascabili del romanzo in versi di Attilio La camera da letto, con prefazione di Nicola Gardini, e della raccolta di poesie Viaggio d’inverno, con prefazione di Giovanni Raboni.
Per festeggiare l’uscita dei tre libri pubblichiamo due poesie scritte per Ninetta, due lettere di Attilio a Ninetta e alcune foto di famiglia.
Come una fiera fagiana
Come una fiera fagiana
nei bruni boschi si aggira
sola, nelle doviziose penne,
muovendo il piccolo capo
maestosa e dolce e ricca di colori
La rosa bianca
Coglierò per te
l’ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l’hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
È un ritratto di te a trent’anni,
un po’ smemorata, come tu sarai allora.
Due lettere di Attilio a Ninetta
[Baccanelli,] martedì 22 [ottobre 1935]
Mia adorata,
hai ricevuto tutta la mia corrispondenza di ieri? ero proprio un po’ disperato. Questa mattina va un po’ meglio, per due ragioni: primo, perché due giorni dell’odiosa vedovanza sono passati e non ne restano che due, secondo perché in Cinema c’è l’articolino il che vuol dire, come la mia panciulena ben sa, 25 lirette che mi fanno comodo per venire giovedì a Bologna. Qua non fa che piovere, addio le nostre peregrinazioni in bicicletta. È vero che l’inverno è simpatico, ma in questo momento mi piacerebbe che noi due fossimo due rondini. Pensa che saremmo già ad Alessandria d’Egitto a quest’ora. Visto che molte difficoltà si ergono davanti al nostro desiderio di diventare rondini, bisognerà cercare, quando saremo laureati di diventare professori perlomeno in Riviera.
Panciulena, come va con l’esame. Dallo senza preoccuparti troppo del voto e liberati dell’odioso Galletti. Poveretto è un po’ stupido ma non riesco a volergli male. Son curioso di leggere le ultime pagine del suo Novecento.
Me mi sono messo il vestitone pesante, e te hai la sottanena grigia. Guarda che è venuto il tempo di metterti il mio gilè blu, se non te lo metti è segno che non ti piace. Posso annunciarti che quasi sicuramente giovedì vengo. Ti scriverò domani l’ora. Ma a tutti i costi aspettami in casa, hai capito? Forse verrò la mattina. Ti bacio tanto tanto
tuo Attilio
P.S. Un bacione per una alle panciulene
tuo piccolino
[Casarola, marzo 1944]
Mia cara,
siamo così indifesi senza di te, io e il piccolino, e la giornata che ora sta per finire (Bernardo è andato a prendere il latte con la Giuseppina, cammina a gran passi in un’aria quasi sciroccale, sotto un cielo nuvoloso, ma dolce e aperto in un sereno lontano, verso Corniglio) è passata in commedia e fole, come tu puoi immaginare.
Ma se lo vedessi inginocchiato a sentire le lunghe commedie che io gli ammanisco: proprio un Racine, uno Shakespeare o un Goldoni infante, una cosa da pazzi. Mi raccomando molti altri burattini, ne ho veramente bisogno per il mio repertorio: E se avessi un vero teatrino con possibilità di cambi di scena… Sono un regista, un autore ben povero. Ma supplisce la fantasia.
Oggi Carlo taglia il grande cerro, la Gianna porta quella tagliata nella cascina, il dabbliu sta assumendo un’aria very smart, quasi civettuola. Va bene? Paolo ha misurato nell’atrio per chiudere con assi quel buco, ha trovato anche le assi qua in casa, ma dice che ci vorrebbero circa ½ kilogrammo di chiodi da 10 centimetri (dieci), perché con chiodi più corti la chiusura non sarebbe sicura. Dì al babbo che abbia pazienza, ma è un lavoro utile come ben sai.
Questassera si fa la solita polenta di castagna.
Ricordati la promessa che mi hai fatto. Ma mi fido di te.
Bacioni dal pupo e da me a te e al babbo e saluti ai tuoi
tuo Attilio