Bertolucci prende il romanzo breve di Niccolò Ammaniti e lo plasma, lo modella allo scopo di assecondare una poetica intimista che è conseguenza ed evoluzione di quella che ha caratterizzato diverse stagioni del suo cinema, e soprattutto quella che tocca l’arco di tempo che va da Io ballo da sola a oggi.
Se però l’autoreclusione dei Sognatori del 2003, il loro percorso di scoperta interiore e fisica, la loro dinamica di liberazione era costantemente segnata da tensioni erotiche (interne) e politiche (esterne), il processo analogo che in Io e te vede coinvolti il problematico Lorenzo e la sorellastra tossicodipendente Olivia vive della somma algebrica di due autonomie, due solitudini che non possono fare altro che sfiorarsi fuggevolmente, e con imbarazzo carico di sentimento e passione.
Non c’è un mondo esterno (politico, scolastico, comunque adulto) o una passione interiore ai quali fare riferimento, in Io e te: il resto del mondo è terreno ignoto, inesplorato, da affrontare senza bussola, senza mappa, armati solo del coraggio e dalla forza della vita che l’età giovanile non riesce, nemmeno volendo, a trattenere.
Bertolucci, quella forza e quel coraggio fragile, li sa raccontare con la leggerezza e la profondità di un animo sensibile e indomito, capace di adeguarsi ai tempi, di leggerli e rappresentarli nelle loro contraddizioni, e di rappresentarli senza presunzioni ideologiche o paternalistiche.