Casarola di Riana

(Parma) 25 luglio 1969

Carissimi,

vi devo forse una spiegazione per ieri sera. Non c’è dubbio che ero ingiurioso, negativo ecc. più del sopportabile: l’ho anche ammesso. Me ne rendevo conto, ma non riuscivo a essere diverso da quello che ero.

Dunque, la colpa di quel mio stato d’animo “morose” (fatevi tradurre da Marie Lou) era la sensazione che una certa incomprensione, che m’ha accompagnato tutta la vita, o almeno ha accompagnato il mio lavoro letterario, si sia andata facendo più forte negli ultimi tempo. Si sia, come dire, istituzionalizzata, coprendo un’area che arriva sino alla cosiddetta nuova avanguardia. Quando imperava la retorica ermetica, non mi si poteva capire, altrettanto fu quando le succedette quella neorealistica, che ora ha ceduto il passo alla neoavanguardistica.

Mi pare di capire, di poter immaginare che voi, a questo punto della lettera, vi meravigliate. “Queste cose le sapevamo”, potreste dirmi “sapevamo anche che tu avevi delle buone ragioni, personali e generali per sopportare validamente la cosa”. Infatti, è così. Ma a lungo andare la faccenda è faticosa. Il sapersi compresi dai pochi che contano è importante. Ma non basta. Non è che improvvisamente io voglia il successo, m’imbarazzerebbe troppo. È proprio l’incomprensione, il non venire capito nel giusto verso che stanca. In un momento poi che devo decidermi a consegnare il dattiloscritto del libro, e nel poema sto per affrontare una parte meno piana, difficile. Viene voglia di diventare un autore postumo, come la Dickinson, che da viva ha pubblicato soltanto tre poesie.

Ecco perché mi disturbavano le cose che disturbavano il vostro lavoro (la fotografia del film) in maniera quasi eccessiva: ero di un umore nero, mi sembrava che tutto andasse per traverso. Fortuna che la mamma mi ha riportato alla realtà, come al solito. E che voi siete vicini, in mezzo a delle difficoltà, ma quali esistono percentualmente a tale livello in ogni lavoro.

Smetto perché avete poco tempo da perdere. Sono in saletta, a Casarola, col quadernone del poema, spero, credo che lavorerò proprio perché ho avuto la forza di scrivervi queste buffa lettera.

Vi abbraccio

il babbo