di Tiziana Lo Porto

 

Qualche volta, in un vecchio film di Murnau o in un giovane film di Bertolucci,

si vede qualche cosa che accade.

Paolo Pozzesi a Catherine Jourdan in L’amore di Jean-Luc Godard

 

 

La rosa bianca in fondo al giardino

Un passaggio di uno scritto di Bernardo del 1984, cita una poesia del padre Attilio, dedicata alla madre. Dice: “Tu sei come la rosa bianca in fondo al giardino, le ultime api l’hanno visitata”. A seguire Bernardo aggiunge: “Se io arrivavo in fondo al giardino, che era piccolissimo, trovavo la rosa bianca. È un esempio di come la poesia, per me, non è mai stata qualcosa di legato alla scuola, come capita un po’ a tutti. Aveva piuttosto a che fare con la mia casa, il mio paesaggio quotidiano”.

 

Non ha età e ha tutte le età insieme

Nel mio paesaggio quotidiano degli ultimi dieci anni Bernardo è nel soggiorno della sua casa di Roma, che un grande schermo ha trasformato in sala cinematografica privata. È seduto sulla chaise longue che colloca ogni interlocutore, ricorrente o occasionale, nel punto di vista dello psicoanalista. Parla con un’amica. Sul tavolino basso ci sono le poesie di suo padre Attilio e altri libri. C’è anche il graphic novel The Diary of a Teenage Girl di Phoebe Gloeckner, nella nuova edizione che gli ho portato io un’estate, di ritorno dal Nuovo Messico. Da qualche altra parte deve avere la versione precedente del libro, regalo involontario di una decina di anni fa, quando per me Bernardo Bertolucci era solo il regista di alcuni dei miei film preferiti. Quel libro – prestato da me a un’amica e finito a casa di Bernardo – ha dato inizio alla nostra amicizia. Nata da un caso, direbbe qualcuno. Ma il caso, direbbe Bernardo, semplicemente non esiste.

A ridurre Bernardo in una frase verrebbe fuori così: non ha età e ha tutte le età insieme. Come certi supereroi, che più li frequenti, leggendoli, o al cinema, o in tv, più ti accorgi che di generazionale non hanno niente. Un’ambizione per alcuni. Una natura, per altri.

 

leggere proust!

Nei mesi, poi diventati anni, in cui con ho frequentato Bernardo, annotavo le cose più interessanti. Brevi frasi disordinate, come: leggere proust! Nomi di registi (Ozu, Renoir, Ophüls), titoli di serie tv (The Walking Dead, I Sopranos, Breaking Bad, Jessica Jones), frammenti di poesie, soprattutto di Attilio, figura necessaria al cinema di Bernardo e Giuseppe. Impeccabile cronista in versi della vita feriale, Attilio Bertolucci raccontava in forma di poesia gli affetti e la vita circostante: paesaggi di neve, more e violette, la moglie Ninetta, i bambini Bernardo e Giuseppe. Poetando trasformava la vita in conoscenza e in esperienza lirica. Nel libro Cosedadire (1), Giuseppe ha descritto con esattezza quella insolita relazione padre-figli mediata dalla poesia: “Io credo che sia io che mio fratello, se ci siamo messi prima a scrivere poesie e poi a fare del cinema e del teatro, è stato per ritrovare una soggettività, una prima persona“. Più tardi Attilio avrebbe ripreso Giuseppe (riacciuffato per i capelli, viene da dire) in un frammento del suo romanzo in versi Camera da letto. “C’è tutta una sequenza sul taglio dei riccioli di Giuseppe”, mi ha fatto notare Bernardo qualche anno fa mentre lo interrogavo su Giuseppe e Attilio,che sarà avvenuto intorno ai quattro o cinque anni. In sé era un piccolo evento, famoso tra di noi come sono certi episodi di famiglia, e mio padre nel suo romanzo in versi è riuscito a renderlo qualcosa di epico. Con il taglio dei riccioli in qualche modo Attilio si riappropria di Giuseppe e lo fa in tempi in cui forse Giuseppe non si aspettava più. Chi lo sa. Forse rispedendolo in quel momento come in una capsula di un film di fantascienza. A me fa venire in mente la Giovanna d’Arco di Bresson. Giuseppe bambino come la Giovanna d’Arco di Bresson che si lascia tagliare anche lei i capelli”.

 

Cinéphilia

Intervistato nel 1965 da Adriano Aprà e Maurizio Ponzi, alla domanda “Vai molto al cinema?” Bernardo risponde: “Quasi tutti i giorni, ed è difficile che esca da un film prima di averlo visto tutto”. “Non hai mai visto Il piacere?” mi ha detto una sera a cena, quasi con rimprovero. La prima volta che ha visto Il piacere di Max Ophüs, è stato su esortazione della moglie, la regista Clare Peploe, in una sala di Parigi. Talmente forte era l’emozione che aveva dovuto lasciare la sala dopo il primo dei tre episodi. Lo stesso era accaduto la seconda volta, con il secondo episodio, visto in un luogo e in un giorno differente. Altrove ho letto di un episodio simile accaduto al padre Attilio (2): era il 1927, al tempo del primo liceo classico e dell’incontro con Ninetta Giovanardi, amore della vita e futura moglie. Più o meno un anno prima, grazie all’amico Pietro Bianchi, Attilio aveva scoperto il cinema ed era stato coup de foudre. Il cinema Edison di Parma annunciava l’arrivo di Aurora di Murnau. Attilio ne aveva letto, e con gli amici aspettava con trepidazione il giorno della proiezione. Ma il film, atteso da Bologna, non arrivò e la proiezione venne posticipata. Racconta Attilio: “I miei amici accendono una sigaretta e passano ad altro, io torno a casa e, sentendomi combattuto fra il caldo e il freddo, mi provo la febbre. Era poco sotto i trentotto. Quel rialzo della temperatura – forse classificabile come fenomeno di isteria – lo trovo, comunque, giustificabile in pieno”. Bernardo fa eco al padre e a Ophüls, quando intervistato da Aprà dice: “Se vado al cinema è per cercare di provare più piacere possibile” (3).

 

L’intermittenza del cuore

“A me interessa la fedeltà al proprio ritmo cardiaco, all’intermittenza del cuore”, dice Bernardo nel 1975 in una conversazione con Clare registrata al termine delle riprese di Novecento. “Quando mi chiedono che cosa vuol dire il film io rispondo sempre: niente, il film vuol dire il film e basta”, dice in un’altra intervista del 1969. E ancora: “La cosa più importante è rimanere fedeli a se stessi”.

È ancora il padre Attilio a raccontare con esattezza Bernardo in una poesia sul perduto film in 8mm La teleferica girato dal figlio quattordicenne, poetando sia il film sia il giovane, giovanissimo regista che lo gira e mentre lo gira. Del film oggi non c’è più traccia. La poesia rimane. Lungimiranti sono i versi. Che dicono: “Bernardo, che ha le gambe lunghe dei quattordici anni, la smania dello storyteller, insiste sul tempo reale”. Così Bernardo a 14, 21, 70 anni. Che non ha età e ha tutte le età insieme.

 

[testo adattato dalla postfazione al libro Bernardo Bertolucci. Cinema la prima volta, a cura di Tiziana Lo Porto, Minimum fax, Roma 2016]

 

 

Note

(1) Giuseppe Bertolucci, Cosedadire, Bompiani, Milano, 2011.

(2) Sara Cherin, Attilio Bertolucci. I giorni di un poeta, La Salamandra, Milano 1980. L’episodio viene poi ripreso nell’accurata cronologia curata da Paolo Lagazzi che accompagna il volume di Opere di Attilio Bertolucci pubblicato nei Meridiani Mondadori.

(3) in Ladri di cinema, a cura di Adriano Aprà, Ubulibri, Milano 1982.